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Briciole di pane

8 marzo: Festa internazionale dei diritti della Donna

Data :
08 mar 2021

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Le riflessioni del Presidente e della Consigliera di Parità

Oggi, nella Giornata internazionale dei diritti della Donna, vorrei portare l’attenzione su alcuni dati, recentemente pubblicati, e che ben illustrano quanto cammino ci sia ancora da percorrere affinché questi diritti vengano pienamente e definitivamente riconosciuti: secondo l’Istat, dei 444mila occupati in meno registrati in Italia in tutto il 2020, il 70% è costituito da donne. Nel solo mese di dicembre 2020, gli occupati sono diminuiti di 101mila unità, di cui 99mila sono donne. 
La pandemia sta agendo in un contesto dove le disparità di genere nel mondo del lavoro erano una criticità già prima dell’emergenza sanitaria: il Censis, fino all’inizio del 2020, rilevava che le donne rappresentano circa il 42% degli occupati complessivi del paese e il tasso di attività femminile si piazzava al 56% circa, contro il 75% degli uomini. I dati dell’Istat di dicembre, quindi, dimostrano come la pandemia, andando ad impattare su settori come quelli dei servizi, a prevalenza femminili, non abbia fatto altro che amplificare una disuguaglianza sociale e di genere da cui il nostro Paese non sembra ancora in grado di uscire.
Di fronte a questi numeri, più che un augurio per la Festa della Donna, quello che mi sento di fare è un richiamo, in primo luogo a noi che lavoriamo nelle istituzioni, affinché, anche attraverso il nostro operato, si possa addivenire a un reale e necessario cambio di rotta, che porti finalmente a quelle Pari Opportunità sancite dalle direttive della Comunità Europea dal 1975, ma che la nostra Costituzione anticipava, negli articoli 3, 37, 51 e 117, più di 70 anni fa.

Fiorenzo Bongiasca
Presidente della Provincia di Como

 

Come conseguenza della pandemia di Covid-19, tutti gli aspetti della vita sociale ed economica sono stati vissuti nel 2020 in condizione di emergenza, come mai sperimentato prima dalle generazioni nate nell’Italia repubblicana.
 Ai rischi e ai timori per la salute si è subito aggiunto anche il disagio materiale sul fronte del lavoro, del reddito, dell’organizzazione familiare e quello emotivo legato alle difficoltà nelle relazioni sociali e all’incertezza nei confronti del futuro, ma anche sulle conseguenze indirette sui progetti di vita delle persone, all’interno del quale si collocano le loro scelte e i loro comportamenti adattandosi all’emergenza. 
È anche un periodo in cui le persone, le famiglie, le aziende, le organizzazioni, hanno dovuto guardare la realtà in modo diverso e sperimentare modalità nuove.
Nonostante i diversi decreti abbiano previsto sostegni per le lavoratrici e per i lavoratori che devono occuparsi dei figli (possibilità di usufruire di congedi ordinari retribuiti, fruizione di voucher per l’uso di servizi di baby-sitting, ecc.), la chiusura delle scuole ha prodotto – e non solo per chi lavora nei settori rimasti attivi – notevoli problemi di conciliazione tra lavoro e tempi di vita. Nei casi in cui sia stato possibile il lavoro da casa, questo si è sovrapposto alla necessità dei figli di svolgere la didattica a distanza. Quando invece non ci sono state alternative al lavoro in presenza, il venir meno dei servizi formali ed informali, come il minore  ricorso ai nonni per il rispetto delle regole di distanziamento sociale,  ha comportato grandi difficoltà nel gestire le esigenze familiari e quelle del lavoro. Si stima che lo shock organizzativo familiare provocato dal lockdown possa aver potenzialmente coinvolto almeno 2milioni e 900mila nuclei.
Chi ha pagato maggiormente le criticità del periodo pandemico sono le donne con notevoli problemi di conciliazione tra lavoro e tempi di vita, le fondamentali dimensioni della diseguaglianza di genere riguardano, prima e dopo il Covid 19, i tassi di occupazione, la qualità del lavoro, la stabilità, l’irregolarità, la segmentazione e la segregazione professionale.
A questi elementi si aggiungono le limitate possibilità di conciliazione che dipendono in gran parte dalla ineguali ripartizione dei carichi  di cura tra i generi e da un’organizzazione del lavoro che continua ad essere plasmata sul modello maschile, con orari lunghi e valutazione basata sulla presenza  e non sul risultato, modello che sottintende che vi sia a casa  un partner che si occupa di tutto il resto.

Franca Enrica Anzani
Consigliera di Parità della Provincia di Como

Ultimo aggiornamento:
08/03/2021, 09:07